"Caro Beppe,
molti mi chiedono di scriverti e riferirti i loro pensieri e tutti con grande rispetto per te. Ho deciso di farlo quando ho avuto la certezza che i tanti messaggi erano molto simili tra di loro e colmi sempre di un grande affetto per te. La sensazione principale posso riassumerla con la frase che mi sono trovato a dire prima delle elezioni, a Roma in piazza del Popolo, proprio dal palco allestito per il movimento 5 Stelle. Rivolgendomi ...
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Prima lettera di Silvano Agosti a Beppe Grillo
"Caro Beppe,
molti mi chiedono di scriverti e riferirti i loro pensieri e tutti con grande rispetto per te. Ho deciso di farlo quando ho avuto la certezza che i tanti messaggi erano molto simili tra di loro e colmi sempre di un grande affetto per te. La sensazione principale posso riassumerla con la frase che mi sono trovato a dire prima delle elezioni, a Roma in piazza del Popolo, proprio dal palco allestito per il movimento 5 Stelle. Rivolgendomi direttamente a te ho detto che sfidare e combattere l’avversario non solo è legittimo ma può’ anche essere eroico, mentre infierire incessantemente sul cadavere del vinto non solo rischia di appartenere al percorso infido della paura e della viltà, ma indebolisce la figura del vincitore. È indubbio che la fantastica avventura che hai iniziato e ti trova inesorabile protagonista ha raggiunto dimensioni sorprendenti e quindi richiede ormai da te la massima naturalezza nella descrizione dei programmi da realizzare in futuro.
Si tratta, caro Beppe, di rimboccarsi ancor più le maniche e sospendere la tua accalorata quanto macabra descrizione di un regime in agonia e diffondere il più possibile l’immagine e le caratteristiche di un modo diverso e nuovo di concepire la vita, la produzione, la distribuzione dei beni.
Molti quando parlo loro di lavorare tre ore al giorno mi dicono una frase davvero tragica “Ma uno che lavora tre ore al giorno il resto del tempo che fa?” nel lavoro obbligatorio di otto o nove ore al giorno hanno dimenticato come si fa a vivere. Altri non si accorgono che le tante iniziative messe in programma dai tuoi avversari e che con infinita lentezza cercano perfino di realizzare, sarebbero state impensabili senza lo smisurato prologo della tua fin qui urlata avventura politica, senza i tuoi spettacoli, i tuoi comizi. Mi riferisco alla sospensione del finanziamento dei partiti o anche alla finta o reale eliminazione dell’Imu o perfino i ministri che si azzardano a proporre una legge sul conflitto di interessi. Frutti dovuti alla veemenza del tuo dire, alle tue rivelazioni di ogni possibile indice di corruzione che caratterizza il substrato di questo sistema ormai al suo storico tramonto.
A mio parere e anche nel rispetto di tutte le opinioni che ho raccolto sul movimento ora sarebbe tempo di chiedersi come mai nessuno parla della vera ragione dell’inesorabile crescita di mancanza del lavoro e della sparizione di decine di migliaia di piccole e medie industrie.
Eppure è noto che negli uffici pubblici e privati l’apparizione di ogni computer ha reso inutile la presenza di almeno dieci impiegati, cento computer hanno spazzato via mille impiegati, centomila computer hanno fatto sparire un milione di impiegati e così via e il processo di automazione nella grande produzione industriale, oltre all’euforia di scoprire che le macchine non scioperano, non si ammalano, non hanno orari né salari o sindacati, si è celebrata una crescita gigantesca dei profitti, una piccola, quasi insignificante parte dei quali, è stata impiegata per alimentare la cassa integrazione e le elemosine di sussidi vari.
Negli anni settanta e ottanta non si faceva altro che scrivere e parlare del sicuro trionfo dell’Automazione “che nel duemila, al massimo nel 2010 avrebbe liberato per sempre milioni di lavoratori dal lavoro obbligatorio e dalla fatica.”
Tutto ciò, dietro lo scenario di menzogne offerto dal regime, è avvenuto e sta continuando ad avvenire, lo si desume dalla inesorabile crescita della “non occupazione” e alla sparizione di tutte o quasi le piccole e medie industrie e degli artigiani che formavano l’INDOTTO.
“Si dice indotto industriale, di solito, l’insieme di sotto industrie o artigiani che producono parti elementari necessarie alle grandi industrie per realizzare i prodotti finiti.” Si tratta di abbandonare l’assurda, irrealizzabile ambizione di una diversa e impossibile distribuzione della ricchezza, a favore di una diversa e possibile distribuzione della Povertà, la sola capace di sconfiggere la miseria che ancora affligge due terzi del mondo. Si tratta quindi, oltre ai non pochi programmi concepiti per vincere le fitte emergenze di un presente incerto, di incominciare a intravvedere una organizzazione del sociale fino ad oggi impensabile e cioè una diminuzione drastica degli orari di lavoro ( due massimo tre ore di lavoro al giorno) per ritrovare una piena ma anche umana occupazione. Si tratta di offrire a ognuno dei sette miliardi che popolano il pianeta un’abitazione e due pasti giornalieri. Per far ciò basti dire che sarebbe sufficiente una minima percentuale delle risorse economiche che nel mondo si spendono per gli armamenti, dando ai genitori, ormai impegnati nel lavoro non più di tre ore al giorno, la possibilità di occuparsi a lasciar crescere i propri figli nella libertà di essere se stessi, avendo come aula scolastica i parchi e come banchi di scuola gli alberi e il gioco come modalità di apprendimento. Il gioco, la più antica, naturale e completa cultura di relazione con se stessi e con gli altri.
Si tratta, caro Beppe, di osare immaginare e perché no? “descrivere” finalmente nei minimi particolari l’apparizione sul pianeta dell’Essere Umano, il massimo capolavoro che la Natura ha prodotto in alcuni miliardi di anni e che fino a oggi è visibile ed evidente solo in ogni bambino fino e non oltre i tre anni di età. Di conseguenza si tratta di veder sparire le miriadi di ruoli che imprigionano le maggioranze degli abitanti di questo meraviglioso Pianeta.
Caro Beppe, non descrivere solo il presente e lascia che la tua bella mente si abbandoni a immagina-re la società che bussa alle porte della Storia, quella descritta con poche parole dal grande Charlie Chaplin nel finale del suo film “Il grande dittatore”:
“…tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro, in questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca è sufficiente per tutti, la vita può essere felice e magnifica ma noi lo abbiamo dimenticato, l’avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell’odio…abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi, la macchina dell’abbondanza sta dando al mondo miseria e fame, la scienza ci ha trasformato in cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi pensiamo troppo e sentiamo poco, più che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza senza queste qualità la vita è violenza… la libertà non può essere soppressa, non cediamo a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano e vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare . Non vi consegnate a questa gente senza un’anima, combattiamo per un mondo ragionevole, un mondo in cui la scienza e il progresso diano davvero il benessere a tutti gli uomini”
Caro Beppe, riposati. La tua vera preziosità è inimmaginabile ed è la stessa che caratterizzerà ogni essere umano quando potrà crescere finalmente in pace “per naturale virtù e sapienza”.
E' un libro bellissimo, in realtà parte di un libro molto più grande, "Civiltà sepolte". Racconta la storia delle ricerche archeologiche in Egitto basandosi sulle storie personali dei primi protagonisti dell'Egittologia: Denon, Champollion, Belzoni, Carter (e un altro di cui non ricordo il nome, purtroppo non ho il libro con me). La scelta di raccontare le storie delle persone, più che dei reperti, rende questo libro molto scorrevole, come un romanzo, e allo stesso tempo riesce a far "digerire" ...
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E' un libro bellissimo, in realtà parte di un libro molto più grande, "Civiltà sepolte". Racconta la storia delle ricerche archeologiche in Egitto basandosi sulle storie personali dei primi protagonisti dell'Egittologia: Denon, Champollion, Belzoni, Carter (e un altro di cui non ricordo il nome, purtroppo non ho il libro con me). La scelta di raccontare le storie delle persone, più che dei reperti, rende questo libro molto scorrevole, come un romanzo, e allo stesso tempo riesce a far "digerire" informazioni un po' più "tecniche" e noiose che presentate in modo diverso avrebbero potuto renderlo un "mattone".
Proprio bello
LAMENTO DEL VECCHIO AEREO
tratto da di lunedì 25 settembre 1989
(Anno 1 - Numero 36)
Perché gli
aerei cadono?
Ma perché
non dovrebbero?
Su e giù come somari
tra cirri, nembocumuli
e aerei militari
bombardati da missili
imbottiti di plastico
nelle bufere atterrano
vuotano i portacenere
i sacchetti del vomito
e subito ripartono
mentre hostess stupende
rimpinzano di merende...
LAMENTO DEL VECCHIO AEREO
tratto da di lunedì 25 settembre 1989
(Anno 1 - Numero 36)
Perché gli
aerei cadono?
Ma perché
non dovrebbero?
Su e giù come somari
tra cirri, nembocumuli
e aerei militari
bombardati da missili
imbottiti di plastico
nelle bufere atterrano
vuotano i portacenere
i sacchetti del vomito
e subito ripartono
mentre hostess stupende
rimpinzano di merende
il carrello non scende
il radar non risponde
il check-in non funziona
coi posti prenotati
tutti da Maradona
coi piloti stressati
i sedili firmati
e i motori scassati
gli utili assicurati
li si sente gridare
su nelle stratosfere:
«ci siam rotti le scatole
nere».
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