Leggiamo e...

 Sauro Spada


Autore : mauba
Mercoledì, 31 Marzo 2010 - 20:33

Sorpresi e dispiaciuti diamo notizia della morte improvvisa, sabato 13 ottobre, dell'amico Sauro Spada. Ci eravamo visti pochi giorni fa, avevamo fatto progetti per il futuro. A breve ci saremmo dovuti incontare di nuovo...

Parlano di lui:

Ecco come si presenta Sauro Spada

Dalla presentazione di Sauro Spada al volume Al tre sureli

Al tre sureli - Dalla presentazione di Sauro Spada

Scritti da Sauro Spada:





La Travarsèda : racconti in dialetto romagnolo con versione italiana. - Ravenna : Longo, 1996

Dodici racconti che cominciano sul finire degli anni Trenta, attraversano la guerra, il passaggio del fronte e arrivano ai giorni nostri. E si disegna pian piano, a tocchi lievi ma incisivi, un paesaggio di uomini incredibilmente vivo e toccante...




E castèll di buratain. - Ravenna : Longo, 1999

Il castello dei burattini, può essere considerato come un completamento del libro precedente dell'autore. Un completamento, nel senso che le vicende si svolgono in quegli anni - gli anni dell'ultima guerra mondiale - ma sono viste con l'occhio attento, forse più attento di quello dei grandi: quello dei bambini; e dei burattini che dei piccoli erano gli interpreti e i messaggeri più fedeli...




Ii' incantè. - Cesena : Stilgraf, 2002

Sono dieci rsacconti che hanno le loro radici nell'ultima guerra, e che si aprono alle aspettative e alle speranze per il mondo nuovo che ci sarà dopo, che verrà.
E' uno spaccato di desideri, di voglie, di appagamenti di uomini e donne, che, usciti da un'eterna miseria, si affacciano ad una realtà che vogliono più piena, più ricca.
E i dieci racconti ci accompagnano in questo viaggio verso la modernità che alla fine, lentamente, senza che nessuno dei personaggi lo dica, si trasforma in un disincanto: il nuovo mondo sognato è sempre più una copia del vecchio, e l'incanto, quasi inavvertitamente, scompare...




SAURO SPADA E IL DIALETTO IN PROSA

Davide Argnani

Il dialetto romagnolo in versi sta avendo sempre più importanza donando gran lustro ai suoi autori, ma è nel secondo ‘900 che il dialetto romagnolo riesce a comporsi ad alto livello anche in prosa. Un esempio superbo riuscì a lasciarlo quell’Anonimo Romagnolo che solo anni dopo la sua scomparsa, (Milano 1990), si scoprì essere il cesenate Pietro Spada che in vita, grazie all’editore Longo di Ravenna, aveva pubblicato, con gran successo, tre opere, Al tre surèli, I cavalieri antichi in t’la stala ad Finôn, E Bourgh, segnando una svolta determinante nella nuova narrativa dialettale. Non è una novità che la maggioranza degli autori romagnoli sia sempre stata più ispirata dalla scrittura in versi che da quella in prosa, anche se questa non è da meno. Anzi possiamo dire sia ben altrettanto importante e sopraffina. L’ultimo talento è senz’altro Sauro Spada, uno dei rarissimi scrittori in prosa, forse l’unico, oltre ai recenti e originali esordi di Miro Gori, a usare il dialetto, e questo gli fa onore perché attraverso la sua ricerca riesce a testimoniare ciò che detto in italiano risulterebbe meno singolare. Sauro Spada, al pari dell’illustre zio, ha il pregio di narrare storie vive attraverso il racconto di vicende ed esperienze della gente comune. Registrando eventi di un periodo doppiamente epocale, unico, non solo della storia del ‘900 come quello che segna il trapasso fulmineo da una civiltà all’altra (da quella contadina a quella industriale dell’immediato dopoguerra e il passaggio da una condizione coatta, come quella del ventennio fascista, alla libertà) con l’illusione, per gli uomini di quella generazione, di vincere la miseria e diventare benestanti senza ulteriori sofferenze, la narrativa di Spada affascina anche con le storie del trapasso da un millennio all’altro fino ai giorni nostri. Spesso nei suoi libri: La travarsèda, E castell di buratain e Ii’ incantè (i primi due editi da Longo e l’ultimo con l’Editrice Stilgraf di Cesena) Spada parla di una miseria subìta e accettata senza servilismo, affrontata con tutta la signorilità popolana dell’uomo che ha rispetto di sé e del prossimo, non solo perché si trova a vivere le stesse esperienze ma perché è nel momento del bisogno, quando la fatica di vivere è uguale per tutti, che l’uomo si riscatta tirando fuori tutta la propria ricchezza interiore di buona umanità e comprensione. Dopo la guerra cercare o trovare il Paradiso in Terra è stato un pò il sogno di tutti i poveri d’Italia. I più scaltri a volte ce l’hanno fatta. I Romagnoli non sono da meno. È sempre nei tragici momenti della vita che l’uomo si rivela in tutta la sua schiettezza riscoprendo l’aspetto più cristallino della propria identità. Per questo la scelta dell’uso del dialetto che Sauro Spada fa per scrivere i suoi racconti, a volte picareschi a volte testimonianza di personaggi popolani visti con l’occhio vivo dei bambini, è indispensabile per poter descrivere dal vivo storie e pensieri che se detti in italiano perderebbero il sapore dell'incantesimo. Allora, ecco una scrittura ben condita, ben scelta, asciutta, urticante, pungente e ben determinata, con la quale ogni personaggio assume l’inconfondibile caratteristica di magia con i pregi e i difetti che ogni uomo contiene. Racconti da leggere d’un fiato senza paura di annoiarsi perché qui la prosa batte di gran lunga molta poesia diventata di moda. Sauro Spada è nato nel 1928 da famiglia originaria di Bracciano in quel di Bertinoro, ma da anni, dopo lunghi soggiorni a Milano, vive a Cesena. Nell’immediato dopoguerra, per qualche tempo, andò a lavorare all’Annonaria dove si ritrovò con molti giovani coetanei dalle ambiziose aspirazioni: Cino Pedrelli, Alberto Sughi, Renato Turci e poi le costanti frequentazioni con Luciano Caldari, Giovanni Cappelli e Walter Galli. Un vero connubio di grandi talenti che negli anni successivi dimostrarono, ognuno a modo loro, autentica ricchezza intellettuale e creativa lasciando ancora oggi segni indelebili nel sommo campo delle Arti: dalla poesia alla prosa alla pittura. Sauro Spada ne è ottimo testimone.
Articolo apparso sulla pagina culturale del “ Corriere di Romagna” del 18.9.2005


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