Celine - Viaggio al termine della notte - la guerra
Celine - Viaggio al termine della notte - New York e le pulci
Celine - Viaggio al termine della notte - Molly
“Dalla prigione ci esci vivo, dalla guerra no. Tutto il resto, sono parole.”
L'opera, a sfondo autobiografico come tutti i romanzi di Céline, segue le vicende di Ferdinand Bardamu. Partendo dalla Prima guerra mondiale, passa per l'Africa coloniale e gli Stati Uniti del primo dopoguerra (dove testimonia i prodromi del fordismo e della società di massa). Nella seconda metà dell'opera ritorna in Francia, dove diventa medico, apre uno studio in un degradato sobborgo di Parigi (la fittizia La Garenne-Rancy), e lavora per un istituto di igiene mentale. Il romanzo inoltre rappresenta una satira contro la professione medica e la vocazione della ricerca scientifica.[senza fonte] I disparati elementi del romanzo sono tra loro connessi dai ricorrenti incontri con Léon Robinson, un personaggio sventurato non meno che ambiguo, la cui esperienza è per certi versi parallela a quella di Bardamu.
Come il titolo stesso suggerisce, Voyage au bout de la nuit è un cupo, nichilistico romanzo in cui si mescolano misantropia e cinismo. Il titolo deriva da una strofa di una canzone dell'ufficiale svizzero, Thomas Legler[2]: «La nostra vita è come il viaggio / di un viandante nella notte; / ognuno ha sul suo cammino / qualcosa che gli dà pena.» Céline esprime un pessimismo pressoché inconsolabile sulla natura umana, sulle istituzioni umane, sulla società e sulla vita in generale. Verso la fine del libro, il narratore Bardamu, che sta lavorando in un manicomio, sottolinea:
« ...Non posso trattenermi dal dubitare che esiste una qualunque genuina realizzazione del nostro più profondo carattere, tranne la guerra e la malattia, quelle due infinità dell'incubo. »
Biografia
L'intellettuale dissidente
Celine
Intervista
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La scuola dei cadaveri
Mea culpa - La bella rogna
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