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Chi decide sulla propria vita?  


Chi decide sulla propria vita?

Fine vita, la Chiesa oscurantista contro “Vieni via con me

Come se non bastassero le invettive di Maroni contro Saviano (gravissime, visto che provengono dal ministro dell’Interno), a puntare il dito contro la trasmissione Vieni via con me ci si è messa pure la Chiesa. Stamane il giornale dei vescovi, Avvenire, ha ritenuto opportuno rimediare alla «colpevole lacuna» della trasmissione, che lunedì ha avuto il grave torto di invitare Beppino Englaro e Mina Welby «senza contraddittorio».

Ora, di grazia, ma in cosa sarebbe dovuto consistere questo contraddittorio? Mina Welby è la moglie di Piergiorgio, malato di distrofia muscolare, che a un certo punto della sua vita, ha ritenuto di non poter più sopportare una situazione che considerava disumana e ha chiesto alla moglie e a un medico di staccargli il respiratore, unica cosa che lo teneva in vita, nel modo più indolore possibile. Beppino Englaro è il padre di Eluana, in stato vegetativo permanente per 17 anni, che ha lottato affinché sua figlia non fosse tenuta in vita artificalmente e a oltranza per chissà quanti anni ancora. Il contraddittorio, a leggere Avvenire, doveva consistere nell’invitare qualcuno che, nella stessa situazione di Welby, avrebbe deciso di continuare a tenersi il respiratore e, nella stessa situazione di Beppino, avrebbe continuato la nutrizione artificiale della figlia.

In questo contorto ragionamento c’è un piccolissimo particolare che i sedicenti difensori della vita omettono sistematicamente e che inficia irrimediabilmente le loro posizioni: NESSUNO IMPEDISCE A CHI VUOLE CONTINUARE A STARE ATTACCATO A UNA MACCHINA DI FARLO. Mentre, al contrario, a Welby, come a Eluana, era impedito di staccarsene.

Tutto qui. Una piccola, grande differenza.

Per questo il «contraddittorio» è una fantasma agitato perché sa di politicamente corretto ma è, in questo caso, totalmente fuori luogo.

Ma tant’è, Avvenire rimedia, pubblicando due elenchi «pro-life» di Fulvio De Nigris (direttore del centro Studi per la ricerca sul coma) e di Mario Melazzini (presidente dell’Aisla). Leggiamoli allora questi elenchi. Scrive De Nigris: «... Essere liberi di vivere vuol dire permettere agli altri di vivere (c’è qualcuno che vuole forse impedirlo?); ... la vita non va giudicata, va condivisa (appunto, la vita, anche quella di Piergiorgio Welby, non va giudicata); ... riconoscere altri stili di vita (?);... diamo la libertà di scegliere, ma non lasciamo le persone in solitudine (se c’è un uomo che solo non è mai stato, questo era proprio Piergiorgio);... guardate questa moltitudine di famiglie che si sente offesa (ma chi può davvero sentirsi offeso dalle parole di Mina Welby) ...». Melazzini esordisce con una finta domanda assolutamente insensata: «Diritto di morire o libertà di vivere?»

E dove sta l’opposizione? La mia libertà di vivere si spinge (se tale davvero è) fino all’estremo, ossia al riconoscimento del mio diritto di decidere se, quando e come morire.

Poi Melazzini si lancia in un ragionamento pericolosissimo: «La dignità della vita, di ogni vita, è un carattere ontologico dell’essere umano e non dipende dalla qualità della sua vita». Come dire: la qualità della tua vita è un accidente passeggero di questa vita terrena, fattene una ragione, sopporta qualunque condizione ché tanto la tua dignità è «ontologica». Poi continua con affermazioni apparentemente condivisibili, ma che nascondono una trappola: «Oggi, una certa corrente di pensiero ritiene che la vita in certe condizioni si trasformi in un accanimento e in un calvario inutile, dimenticando che un’efficace presa in carico e il continuo sviluppo della tecnologia consentono anche a chi è stato colpito da patologie altamente invalidanti di continuare a guardare alla vita come a un dono ricco di opportunità e di percorsi inesplorati prima della malattia». Come se ci fosse qualcuno – forse Mina Welby? - che si oppone al progresso tecnologico che consente di migliorare la qualità della vita (ma non era questione secondaria?) dei malati. I

l punto, continuamente inevaso, è sempre lo stesso: CHI DECIDE? Chi decide se la mia vita è un dono o una tortura per me che la vivo? E poi, se la vita è un dono, avrò io il diritto di rifiutarlo?

 

(da MICROMRGA 18 novembre 2010)

Autore : Maurizio Balestra
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23/11/2010 - 15:07
Te ad chi sit e' fiol?  

Per gli appassionati del dialetto romagnolo
è nato il sito dell'associazione

Te ad chi sit e' fiol?


Autore : Maurizio Balestra
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16/11/2010 - 11:10
Nuclearoids - Diventa Dio anche tu  
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Autore : Maurizio Balestra
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13/11/2010 - 14:30
Per l'eutanasia  


Riappropriarsi della parola 'eutanasia, tabù per la politica e dimenticata' anche se 'vicina al vissuto delle persone', e chiedere 'semplicemente il rispetto delle scelte individuali'. Questo il senso dello spot-pro Eutanasia creato dall'associazione Exit international, bloccato dall'autorità per le Comunicazioni australiane e ora rilanciato in Italia dall'Associazione Luca Coscioni e dal Partito Radicale. 'E' uno spot molto rispettoso e molto dignitoso - dice Marco Cappato, segretario dell'associazione Coscioni - in cui un malato terminale racconta la sua esperienza e chiede al governo che sia rispettata la sua scelta'. Scelta che è 'non di una morte 'buona' o 'dolce', ma di una morte 'opportuna', quando si sente che le condizioni di vita non sono più sostenibili'. Eutanasia, aggiunge, 'non è una parola che le persone legano a questa o quella forma giuridica, ma che è vicina al loro vissuto'. Mentre la politica 'ha bisogno di giocare con le parole, riempendo il tema di formalismi, facendo distinzioni da clerici del diritto su quello che è o non è terapia. Così si possono interrompere le terapie ma non si può chiedere un'iniezione letale, anche se il risultato è lo stesso'. Pur continuando a 'batterci in Parlamento perché escano leggi 'meno peggiori' possibile - conclude Cappato - ora vogliamo riprendere la bandiera di questa parola, che per noi è parte integrante del diritto alla salute, come tutte le scelte sul fine vita, e poi vedere quello che succede'. Lo spot, intanto, sarà anche 'una raccolta fondi per pianificare una vera e propria campagna nazionale a partire da gennaio, contando sul sostegno delle tv locali, come Telelombardia, che già ci hanno aiutato all'epoca del 'caso Welby''. (Da Micromega -9 novembre 2010)
Autore : Maurizio Balestra
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12/11/2010 - 20:58
FUMETTI E STORIE  

Fumetti e storie oggi assomiglia ad una vera e propria rivista,  dove le storie sono visibili in un nuovo formato appositamente creato per il web. Questo riguarda sia le storie create per Disney (e altri editori) che quelle create con i nostri personaggi di nostra proprietà, di cui vi proponiamo una panoramica ancora più ampia.

Autore : Maurizio Balestra
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3/11/2010 - 18:06
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